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Usare grafene aerogel per la stampa 3D ora è possibile

Un team di ricercatori della Lawrence Livermore National Laboratory avrebbero creato una struttura periodica tridimensionale con microreticoli di grafene aerogel. È una scoperta di eccezionale importanza che nessuno era riuscito a fare finora. Vediamo il perché.

Immagine: Lawrence Livermore National Laboratory
Immagine: Lawrence Livermore National Laboratory

Il grafene è considerato uno dei materiali più importanti per il futuro. È una molecola bidimensionale ultrapiatta di atomi di carbonio. Ricavato dalla grafite, il grafene ha caratteristiche eccezionali: ottimo conduttore elettrico, resistente alla rottura (100 volte in più rispetto all’acciaio) e flessibile, al punto di potersi ripiegare senza indebolirsi. Possiamo immaginare quanto sia interessante per l’industria della miniaturizzazione elettronica o della trasmissione di dati.

Ci sono però alcuni problemi. Il primo è che il grafene non è facile da ottenere. Il metodo più semplice e accessibile è l’esfoliazione meccanica su una superficie di cristalli di grafite ma le dimensioni massime ricavate sono ridottissime, sicuramente non abbastanza per una produzione di tipo industriale.
Il secondo problema è che, avendo uno spessore di soltanto un atomo, ci troviamo di fronte a un materiale “bidimensionale”, il che limita molto le possibili applicazioni.

Si è reso quindi necessario riuscire a produrre grafene in proporzioni molto maggiori. Dopo parecchi tentativi, la soluzione si è trovata negli “aerogel”, materiali ultraleggeri risultato della miscela di un liquido e un gas. Il grafene aerogel si produce in laboratorio, sottoponendo la grafite a diverse reazioni chimiche. Il materiale risultante è molto poroso, con eccezionali qualità d’isolamento. Attualmente è la tecnica più comune per produrre grafene “tridimensionale” in quantità. In questo caso, però, il grafene prodotto ha una disposizione in gran parte casuale precludendo strutture con un disegno prestabilito.

Immagine: 3D Print
Immagine: 3D Print

Lo spiega Marcus Worsley, uno dei co-autori dell’articolo pubblicato in Nature Communications: «Per esplorare le possibili applicazioni macroscopiche del grafene, prerequisito indispensabile è poter controllare l’assemblaggio in larga scala di blocchi bidimensionali creando strutture tridimensionali che mantengano le caratteristiche intrinseche del materiale».

Foto: Nature Communications
Foto: Nature Communications

Il metodo scelto per raggiungere questo scopo si chiama “direct ink writing” ed è stato mutuato dalla stampa 3D. È una tecnica di estrusione che usa materiali viscoelastici come i gel che si comportano come un filamento continuo se spinti da un micro ugello a temperatura ambiente permettendo in questo modo la creazione di strutture tridimensionali create strato dopo strato.

Il grafene aerogel stampato in 3D presenta delle potenzialità molto maggiori rispetto al grafene aerogel “tradizionale”. La dimensione ottenuta è molto maggiore e la forma può essere controllata; la porosità lo rende molto leggero e comprimibile; mantiene l’eccellente conduttività elettrica del grafene puro.

Immagine: Lawrence Livermore National Laboratory
Immagine: Lawrence Livermore National Laboratory

Una finestra verso il paese delle meraviglie per la nanoelettronica, la sensoristica, lo stoccaggio. Come lo stesso Worsley predice, «Questi sviluppi apriranno la strada a un uso degli aerogel nuovo e creativo come mai prima d’ora». Non c’è da dubitarne.

Fonti:

Nature Communications
(http://www.nature.com/ncomms/2015/150422/ncomms7962/full/ncomms7962.html)

3D Printing Industry
(http://3dprintingindustry.com/2015/04/29/3d-graphene-structures-3d-printed-with-liquid-smoke/)